di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Pubblicato in «L’informatore delle autonomie locali», 21/09/2012 http://linformatore.info/?p=245
I docenti precari. Se ne parla tanto, citati sempre in diatribe sfociate per salvaguardare i propri diritti. Ma, come vivono i precari? I precari vivono stramazzati dalle attese, iniziano il loro nuovo anno a settembre, sintonizzati con l’apertura della scuole per il nuovo anno accademico in corso, fino al 2010 dovevano controllare la posta, lasciare qualcuno in casa oppure evitare di uscire nella fascia oraria prevista per la consegna. Dal 2011 devono avere un indirizzo PEC, per la posta certificata, devono aver inserito un numero di cellulare, per ricevere gli avvisi e verificare costantemente che tutto sia funzionante. E devono attendere! Attendere che sia rimasto qualche posto vacante, che qualcuno vada in maternità, che qualcuno si assenti per malattia. All’arrivo della notizia di un posto libero, però, la convocazione è destinata a più di una persona, prima del 2010, una volta ricevuto il telegramma, bisognava chiamare il numero indicato e/o inviare un fax, nei tempi previsti, per comunicare la propria disponibilità e non si riceveva nessuna notizia. Solo l’avente diritto a quel posto aveva diritto ad essere informato su quali erano le classi, come era strutturato l’orario. Si rimaneva in attesa della successiva chiamata di conferimento incarico che arrivava solo a chi in graduatoria aveva il punteggio più alto ed era disponibile ad accettare…per tutti gli altri un’attesa senza chiamata, ma solo attesa e illusione, vana speranza in un posto. Dal 2011, fortunatamente, la convocazione arriva tramite posta certificata, attraverso una piattaforma telematica, che trasmette informazioni precise, fornendo, anche, la lista dei precari convocati e il loro rispettivo punteggio e posizione, all’interno di quella graduatoria d’Istituto. Ma cosa succede quando l’incarico viene confermato? Solitamente, l’avviso arriva il giorno prima, l’indomani mattina ci si presenta a scuola, presso la segreteria per compilare i moduli della presa di servizio, pagine di informazioni, da compilare in piedi, con l’orologio alla mano, prima del suono della campana, lasciando anche, un margine di tempo, per essere presentati al Preside, per trovare il cassetto del docente che si sostituisce, dentro cui ci sono i registri e mai i libri di testo. Un’ultima occhiata all’orario, poi sguardo sulle pareti, per cercare la mappa dell’edificio e capire dove sono le aule, sguardi veloci a colleghi e personale e richieste di informazioni a chiunque di loro perché il tempo stringe. Una volta entrati in aula si trova il caos, ragazzi con gli auricolari che non ti ascolano neanche, altri mangiano, perché non hanno avuto tempo per consumare la collazione a casa, altri discutono tra loro. Poi, il più gradasso si rende conto che stai parlando con loro per richiedere l’ordine, si accorge che hai i registri in mano e inizia i festeggiamenti grotteschi, per la liberazione dalla precedente insegnante. Questo, naturalmente accade quando il supplente non è presentato da nessuno della scuola, perché nei casi in cui il preside o i suoi delegati, accompagnano in aula il nuovo professore, per presentarlo, la classe reagisce in modo diverso. In questi rari casi, l’autorità del Dirigente scolastico paralizza ogni entusiasmo adolescente e superato l’impatto la lezione procede serena. Si inizia con l’appello, ormai tutti nomi di paesi diversi non facilmente pronunciabili, poi si chiede ai ragazzi qualche informazione sul programma svolto, un’occhiata all’ultima lezione riportata nel registro di classe, si chiede a qualcuno di loro il libro di testo e una volta individuata la pagina dell’ultima lezione si inizia con l’argomento successivo. Solo in alcuni casi, si riesce al termine delle lezioni a parlare al telefono con l’insegnante di cattedra. Orario permettendo ci si reca in segreteria, per chiedere i programmi depositati, il calendario scolastico con la programmazione delle riunioni, si chiedono, anche, i programmi differenziati degli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento, i verbali delle riunioni, la griglia di valutazione, il numero di verifiche programmate. Non sempre, però, si rimane nella stessa scuola per tutto l’anno scolastico. Spesso la supplenza è per un periodo breve e si ritorna nel tunnel dell’attesa, spesso il contratto viene concluso prima delle festività e si è richiamati al rientro delle festività, così, pur lavorando non si ha diritto alla retribuzione durante le feste. Ormai, capita anche di non riceve in tempo lo stipendio, si accetta un incarico, si cerca una casa in affitto e a fine mese non si riceve il pagamento, passano uno, due tre mesi e poi si chiedono informazioni in segreteria e si ha sempre la stessa risposta, i supplenti su malattia sono pagati dalla scuola e se la scuola non ha fondi bisogna aspettare che il Ministero mandi qualcosa, intanto si lavora per la carriera, per il punteggio, per non far svanire la possibilità di entrare di ruolo, forse, un giorno. Chi arriva a fine anno ha potuto godere di una certa serenità, ma con l’ultimo giorno di scuola e qualche scrutinio concludono il loro periodo lavorativo e affrontano una lunga estate senza stipendio, ritornando nel baratro del “sé”, dove, tutto tace nell’inquietudine di una serie di interrogativi, “ chi sa sé mi chiameranno?”, “dove?” e soprattutto “quando?”, “per quanto tempo?”. Gli anni passano, nella costante illusione di un posto e intanto, nuove disposizioni tagliano le ore di lezione, posticipano i pensionamenti, aumentano il numero degli alunni per classe, per risparmiare una sezione, sempre nuovi precari si trasferiscono da altre regioni e ad ogni rinnovo della graduatoria il conto ricomincia, puoi superare qualcuno, come puoi anche essere superato da una decina di persone. Senza tener conto che se vuoi continuare ad aspirare all’insegnamento devi rimanere libero da altri incarichi e non puoi accettare altri lavori. Ci sono insegnanti che vivono in questa situazione da più di dieci anni e anche se nel 1999 avevano vinto un concorso, oggi si ritrovano sul punto di vederlo andare in fumo e di doverlo ripetere, con una validità di tre anni e in caso di non entrata in ruolo, allo scadere dovrà ripetere un altro ennesimo concorso. Una sorta di gioco dell’oca in cui tiri il dado e puoi anche tornare indietro e ricominciare. Ma ricominciare dove? Nelle ditte le assunzioni sono tramite stage e lo stage è rivolto solo a giovani al di sotto dei 26 anni, tutti questi anni di sacrifici e di lavoro offerto alla scuola non fornisce nessun buon curriculum per altri posti di lavoro. Hai insegnato per anni? hai una laurea e altri titoli ? Sì! Ma, ormai hai bruciato la tua carriera! “pentole vecchie” che il Ministero dell’Istruzione non sa più dove mettere, ecco cosa sono i precari! Hanno lavorato permettendo alle scuole di andare avanti nei momenti di bisogno e senza nessun grazie vengono stremati da concorsi e test a pagamento, prosciugati di ogni risorsa. Come il recente TFA con il costo di 100 euro per la partecipazione alla selezione di una classe di concorso e con ben 3000 euro circa da versare in caso di ammissione, per un’abilitazione che se non porta ad entrare in ruolo dopo una decina d’anni svanisce nel nulla. La prassi per l’immissione in ruolo ormai sembra citare i manifesti Futuristi, in cui si gridava contro “Venezia passatista”, si parla tanto di porte aperte per i giovani e intanto i pensionamenti vengono ostacolati, e ancora si parla di posti di lavoro, ma intanto, chi è già in corso invecchia senza arrivare a destinazione, un sistema da tortura che supera le antiche torture medievali…allora, almeno i docenti precari sarebbero stati bruciati al rogo ponendo fine alle loro sofferenze!