di Tiziana Mazzaglia @TMazzaglia
Pubblicato in «L’informatore delle autonomie locali», 28/12/2012. Tot. Pg. 1. http://linformatore.info/?p=319
Udite! Udite! Ecco si aprono le gare! Nel Medioevo il premio sarebbe stato una bella e nobile fanciulla, nei nostri giorni, invece, si tratta di un posto di lavoro. Mah, “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”? Forse qualche articolo andrebbe aggiornato! Il lavoro oggi è un premio bandito all’asta. In questi giorni le popolazioni di tutta Italia si sono mosse per partecipare ad un concorso, non importa per cosa sia, molti non lo sanno nemmeno! «Si può avere un lavoro, bene, mi presento! Dopo cosa insegnerò? Si vedrà ». Concorrenti che gareggiano beffeggiando chi è docente precario da anni e in questo concorso potrebbe vedere realizzare una carriera che ha scelto, ha bramato, ha costruito mattone su mattone, ma forse ormai non ha più l’entusiasmo, perché la dura vita lo ha messo troppo alla prova, molti si sentono addirittura umiliati di partecipare all’ennesimo concorso e rinunciano. Seppur abilitati, gli viene chiesto, ancora una volta, di partecipare insieme a chi ha solo una laurea. Quiz di logica, come se, chi ha una laurea di logica non ne avesse mai avuta! Quiz su quiz, come in televisione! Perché ormai i mass media hanno influenzato il nostro stile di vita, ma anche, perché sarcasticamente rende più l’idea di sfida. Eppure, chi è di ruolo da anni, non è entrato con questa prassi! Bastava avere 365 giorni di servizio e si aprivano le porte! Perché loro hanno avuto una vita facile? Perché loro hanno avuto quello che la Comunità Europea sancisce? Oggi non vi sono giustizie. Anche se sei abilitato con il concorso del 2000 e non sei entrato di ruolo, non per colpa tua, ma a causa dei tagli, sei rigettato indietro nella mischia di chi ha solo una laurea. Quarantenni, Cinquantenni che hanno insegnato per circa vent’anni gareggiano con chi ne ha venti e non ha mai messo piede in un’aula e non solo! Con chi magari ha cinquant’anni e si è fatto mantenere una vita dal marito e ora che i figli sono grandi vuole andare a lavorare, per realizzarsi! Nella profonda ignoranza di pretendere un posto di lavoro, quando c’è gente che ha scelto questo lavoro per passione e che, pur di proseguire in questa via, ha sacrificato se stesso e i suoi anni di giovinezza. Ancora, gente con il timore di perdere il lavoro che sta svolgendo, gente che ha accettato un lavoro da diplomato e ora vuole aspirare ad una qualifica da laureato per guadagnare di più …. Ma, la beffa più grande arriva dall’alto! Chi bandisce la gara benedice i partecipanti con un incoraggiamento ad essere sereni e guarda in cagnesco la folla in cammino, sapendo che tanto ne saranno ammessi uno o due per classe di concorso. Milioni di persone in fila per una prova preliminare a cui seguiranno le altre prove. Ed ecco che il palio ha inizio, una prima selezione, chi passa già sfiora l’euforia, chi non passa vede in fumo la sua vita. Come andranno le altre prove? Il duello finale sarà atroce, le forze saranno allo sfinimento. E non sono già state prove gli anni di insegnamento che hanno sulle spalle molti precari? Sono gli esaminatori dei concorsi a sapere chi è portato per insegnare? o i ragazzi che popolano le aule? I ragazzi sanno benissimo mettere alla prova i docenti! E chi ha provato a svolgere supplenze, ne ha avuto prova. Gli adolescenti si prendono beffa di un insegnante alla cattedra, decidono loro se seguire o meno, decino loro con chi comportarsi bene e dopo le loro prove, se riesci ad instaurare un buon rapporto significa che vali! Solo i ragazzi sanno esaminare un docente, come solo la vita stessa sa insegnare attraverso l’esperienza! Solo chi ha provato conosce come vanno formulati i programmi, quali sono le competenze, le abilità, i requisiti minimi, i programmi per i ragazzi con disturbi specifici di apprendimento. E chi non ha mai provato sulla propria pelle ad affrontare tutto questo non vale più di chi lo studia soltanto sui libri? Forse è il caso di riformare la scuola, abolire del tutto gli insegnati che rischiano di diventare personaggi in cerca di un vantaggio economico senza passioni, forse è il caso di lasciare il posto all’informatica a lezioni via web e a programmi per far studiare ogni studente da casa propria?